La Madonna di Fatima nei giardini della cooperativa Giotto

La statua della Madonna di Fatima

nei giardini della cooperativa Giotto

Giovedì 28 agosto abbiamo avuto la fortuna e l’onore di ospitare per alcuni momenti la statua della Madonna Pellegrina di Fatima e abbiamo potuto affidare le situazioni e le persone che ci stanno più a cuore e che stanno attraversando un momento difficile e doloroso.

La statua è una delle immagini ufficiali realizzata secondo le indicazioni di suor Lucia, una dei tre pastorelli di Fatima, concessa dal rettore del Santuario portoghese appositamente per questo pellegrinaggio. Dal 1947 viaggia per il mondo, portando con sé un messaggio di pace, amore e preghiera.

Dal primo luglio per due mesi, organizzato dall’apostolato Mondiale della Madonna Pellegrina di Fatima, si è svolto un viaggio silenzioso, quasi intimo e carico di umanità che ha portato la statua della Madonna Pellegrina di Fatima nei luoghi di sofferenza e bisogno, in maniera particolare nelle carceri.

L’iniziativa è stata promossa e sostenuta dall’assistente Nazionale dell’apostolato don Vittorio De Paoli. La statua, attraversando numerosi luoghi di sofferenza ha percorso in pellegrinaggio l’Italia da nord a sud, da Reggio Calabria, Vibo Valentia, Saluzzo, Civitavecchia, Ferrara, Ancona, Pesaro, Varese, Padova e ha concluso il suo pellegrinaggio il 31 agosto alla Giudecca di Venezia e a Verona. Un’iniziativa promossa e sostenuta da papa Francesco poco prima di morire, volendo celebrare anche in questo modo il Giubileo della Speranza.

Infatti nella Bolla di indizione dell’anno Santo 2025, “Spes non confundit” lo scomparso papa Francesco scriveva: «Siamo chiamati a essere segni tangibili di speranza per tanti fratelli e sorelle che vivono in condizioni di disagio. Penso ai detenuti che, privati della libertà, sperimentano ogni giorno oltre alla durezza della reclusione, il vuoto affettivo e le restrizioni imposte. Offriamo loro un segno concreto di vicinanza che trova nella Madre di Dio la più alta testimone della speranza».

La chitarra è detta del “Mare” perché realizzata con i legni dei barconi naufragati in mare e portati a Lampedusa. Barconi della speranza che si sono trasformati in tragedie dove hanno perso la vita migliaia di fratelli migranti che cercavano una vita migliore. È stata realizzata dai detenuti del carcere di Secondigliano ed è stata suonata anche da Sting. Abbiamo pregato anche per loro e per chi ha la responsabilità politica e sociale di un problema così grave.


Cooperativa Giotto al Meeting di Rimini 2025

La cooperativa Giotto al Meeting di Rimini 2025

Una preziosa occasione per dire

chi siamo e cosa facciamo

Anche quest’anno la nostra cooperativa è tornata al Meeting di Rimini, proseguendo una partecipazione che è iniziata nel lontano 2006 con il primo convegno sulle carceri alla presenza del presidente Giulio Andreotti e del ministro della Giustizia Clemente Mastella. Una partecipazione che quest’anno è stata di rilievo. Due i momenti che ci hanno visti protagonisti nell’edizione intitolata “Nei luoghi deserti costruiremo con mattoni nuovi”.

Lunedì 25 agosto si è svolta la premiazione del Social Contest 2025, promosso da Cdo Opere Sociali grazie al sostegno di JTI Italia con lo scopo di valorizzare e sostenere le migliori iniziative del Terzo Settore impegnate a rispondere alle sfide sociali attraverso progetti innovativi e ad alto impatto, secondo quattro obiettivi selezionati dell’Agenda 2030. Nella categoria obiettivo “Città e comunità sostenibili” la nostra cooperativa ha partecipato con il progetto Esperide con lo scopo di trasformare la sede della Cooperativa Giotto in un HUB SOCIALE, proponendo tra i vari servizi un punto d’incontro verde per il quartiere e le associazioni del territorio. Il primo passo? Riqualificare un’area accoglienza all’ingresso della sede. Uno spazio di 300 metri quadri, completamente ripensato con prato, aiuole fiorite, alberi e arbusti, un impianto di irrigazione e arredi accoglienti. E per questo siamo stati premiati.

Il giorno prima si è tenuto l’incontro, organizzato sempre dalla CDO Opere sociali, “Il valore del lavoro per chi sconta una pena”, a cui ha partecipato come relatore il presidente Gianluca Chiodo, chiamato a discutere sul tema insieme a Riccardo Capecchi di Fondazione Lottomatica, Stefano Granata, presidente Confcooperative Federsolidarietà, Emilio Minunzio, consigliere CNEL, e Francesco Paolo Sisto, sottosegretario alla Giustizia. Durante l’incontro di particolare rilievo la testimonianza di un nostro lavoratore in misura alternativa che ha risposto ad alcune domande evidenziando il cambiamento avvenuto grazie al percorso lavorativo.

L’incontro mirava a valorizzare l’importanza dell’attività lavorativa per le persone detenute non solo come strumento di riparazione e reinserimento sociale, ma anche come potente veicolo di crescita personale e di sviluppo dell’autonomia. Nel suo intervento Chiodo ha sottolineato come Il lavoro per noi è un patto di fiducia, dove si cammina assieme con due caratteristiche fondamentali: deve essere lavoro vero e strutturato, perché deve riflettere quanto più possibile la realtà esterna, altrimenti non educa. E poi deve anche essere sfidante, perché richiede fatica, impegno, collaborazione, cioè deve essere un lavoro di qualità, fatto bene, curato nei dettagli. In questo modo, per chi aderisce e spesso non ha mai lavorato seriamente, può diventare un’esperienza nuova, ma soprattutto generativa, che fa prendere coscienza di sé, perché è il luogo dove ognuno può dire “io”, dove ognuno può sentirsi dire “tu hai un valore”.

L’intervento non poteva evitare una nota di giudizio sul contesto carcerario attuale che continua a essere estremamente difficile, ma non si è focalizzato in sterili analisi. Ha piuttosto messo in risalto due condizioni essenziali per un cambio di direzione radicale: innanzitutto una revisione strutturale del sistema penitenziario, che tenga conto del profondo cambiamento avvenuto nella popolazione detenuta, dove una nuova governance con idonee competenze sappia mettere in campo risposte concrete all’altezza dell’emergenza che non si può più eludere; e poi per gli stakeholder coinvolti, stato, terzo settore e imprese la necessità inderogabile di collaborare tutti assieme. Pena il perdurare del fallimento.

Guarda l’incontro

E a proposito dell’emergenza carcere in Italia, qui val la pena segnalare che qualche giorno prima, il 19 agosto, era uscito su Avvenire l’articolo di Giorgio Paolucci, interessante non tanto perché parla della cooperativa Giotto, ma perché nel dialogo con il socio fondatore Nicola Boscoletto e il presidente Gianluca Chiodo riesce a tratteggiare una sintesi realistica su questo mondo, talvolta trascurato e molto più spesso incompreso, volutamente o no, innanzitutto per un’atavica mancanza di chiavi di lettura corrette sullo stato delle cose.

Infine, della presenza della cooperativa Giotto alla 46^ edizione del Meeting di Rimini ne hanno parlato il Mattino di Padova.e il Gazzettino

Avvenire 19/08/2025

Il Mattino di Padova 24/08/2025

Il Gazzettino 26/08/2025

 


Primo maggio - San Giuseppe esempio e custode per i lavoratori che indica il senso cristiano del lavoro

I° maggio 2025

S. Giuseppe indica ai lavoratori

il senso cristiano del lavoro

Oltre 50 persone hanno partecipato a questo gesto tanto semplice quanto sentito. Come l’anno scorso alcuni colleghi e amici della Giotto hanno proposto di fare assieme il pellegrinaggio a piedi dalla sede di Padova della nostra cooperativa a San Giuseppe al Santo il giorno del 1° Maggio, Festa dei Lavoratori, portando nel cuore le motivazioni che spinsero Papa Pio XII nel 1955 a mettere questa festa sotto il mantello protettivo di San Giuseppe lavoratore per arricchirla e valorizzarla.

Nell’omelia a cui hanno assistito i partecipanti, il padre Rettore Antonio Ramina brevemente ma efficacemente ha ricordato l’importanza di questa festa, sottolineando i tre motivi cari a Pio XII:

  • S. Giuseppe esempio per i lavoratori che con il suo umile lavoro nel silenzio ha preservato i misteri grandi della salvezza
  • S. Giuseepe custode dei lavoratori a cui affidare tutte le nostre preoccupazioni del lavoro
  • S. Giuseppe che offre ai lavoratori il senso cristiano del lavoro, perché, guardando Dio, ha seguito le logiche dell’amore e della misericordia e ha invitato a lavorare nel segno dell’accoglienza, della pazienza e del rispetto reciproco.

Dopo la messa e una preghiera a san Giuseppe davanti alla sua Cappella un’agile colazione insieme ha preceduto il ritorno sempre a piedi in sede, dove abbiamo accolto gli amici della coop di Genova per condividere insieme il pranzo. È stato veramente un momento di festa dove hanno trovato spazio anche alcune testimonianze delle nostre rispettive esperienze lavorative.



La cooperativa sociale Giotto - Una normalità eccezionale

La cooperativa sociale Giotto

Una normalità eccezionale

Presentazione del volume

di Vera Zamagni

Siamo giunti alla quarta presentazione, questa volta in quel di Chioggia. L’occasione è stata in una cornice più ampia, ovvero nel contesto del Festival Biblico, che anno dopo anno guadagna sempre più autorevolezza e si sta diffondendo a livello nazionale. Il tema non poteva non essere la speranza, visto il Giubileo in corso indetto da Papa Francesco, affrontato nella città lagunare lungo 4 percorsi di grande attualità. Uno di questi ha riguardato appunto il valore della speranza nell’inserimento sociale delle persone detenute. In questo contesto è stato presentato anche il libro che racconta l’identità e la storia della cooperativa Giotto, segnate in maniera importante dalla vicenda del carcere.

Accanto a Nicola Boscoletto, founder di cooperativa sociale Giotto che ha moderato l’incontro, sono intervenuti la curatrice del libro Vera Negri Zamagni e il presidente del Tribunale di Sorveglianza di Firenze Marcello Bortolato. La serata è stata arricchita da una commovente video testimonianza di Claudia Francardi, vedova del carabiniere Antonio Santarelli, ucciso in servizio, che insieme a Irene Sisi, madre dell’autore del reato, ha intrapreso da tempo un profondo percorso di riconciliazione. Una vera prova di giustizia riparativa, dove l’incontro sincero e pieno di profonda umanità tra due donne segnate da una lacerante sofferenza ha dato vita a una vera e propria rinascita, che ha provocato le coscienze di tante persone raggiunte da questa potente testimonianza di amore e perdono.

E siamo alla terza presentazione. Da Rovigo ci spostiamo a Udine, dove gli organizzatori (Centro culturale Enzo Piccinini, Associazione Icaro, Associazione Sisifo e Azienda sanitaria universitaria Friuli Centrale) hanno allestito il momento di presentazione presso la Sala convegni della Fondazione Friuli per giovedì 20 marzo 2025 alle ore 18.00.

Sono intervenuti Nicola Boscoletto, founder di cooperativa sociale Giotto, e Andrea Sandra, garante dei diritti delle persone private della libertà personale per il Comune di Udine. Hanno partecipato alcune persone detenute con esperienza di lavoro in carcere.

Dopo la presentazione di Bologna, martedì 25 febbraio alle ore 18,00 presso la Sala della Gran Guardia a Rovigo si tiene la seconda presentazione del volume “La cooperativa sociale Giotto. Una normalità eccezionale”, curato da Vera Zamagni, docente di storia economica all’Università di Bologna e al SAIS Europe della John Hopkins University.

Ne hanno parlato con l’autrice Nicola Boscoletto, founder della cooperativa, e Giovanni Maria Pavarin, già presidente del Tribunale di sorveglianza di Venezia e Trieste.

Martedì 10 dicembre alle ore 17,30 presso la Fondazione Barberini a Bologna si è tenuta la presentazione del volume “La cooperativa sociale Giotto. Una normalità eccezionale”, curato da Vera Zamagni, docente di storia economica all’Università di Bologna e al SAIS Europe della John Hopkins University. Il libro, pubblicato da il Mulino nella collana Storia di imprese diretta dalla stessa Zamagni, è il frutto di due anni di lavoro e racconta la storia della nostra cooperativa a partire dagli inizi di metà anni Ottanta fino ai nostri giorni, mettendo in evidenza gli ideali, la mission con al centro la persona e l’inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati, i passaggi principali di cambiamento e di sviluppo, gli strumenti utilizzati, con uno sguardo di ampio respiro che ha coinvolto anche altre realtà a livello nazionale e internazionale.

Ne hanno parlato con l’autrice Nicola Boscoletto, founder della cooperativa, Tito Menzani dell’Università di Bologna e Modena-Reggio Emilia, Francesco Bernardi, founder di Illumia. È stato il primo incontro di presentazione, a cui ne seguiranno altri in giro per l’Italia.

 

RECENSIONI

Giotto una coop dalla “normalità eccezionale” La copertina – il mattino di Padova 10/03/2025

La cooperativa Giotto al Circolo di Rovigo – Rovigo.News 25/02/25

Giotto, la coop del carcere ora è un modello – Corriere della sera 23/02/2025

«Lavorare in carcere? Si può, basta volerlo». Il modello Giotto – Corriere della sera 04/02/2025

Un esempio virtuoso. La cooperativa sociale Giotto – Fahrenheit, Rai Radio Tre 04/08/2025

Costruire il futuro. La cooperativa sociale Giotto – Caffè Italia 28/01/2025

Padova, un libro racconta la storia della Cooperativa Giotto tra fragilità e carcere – TGR Veneto 08/01/2025

Giotto, la “normalità eccezionale” di una cooperativa in carcere – Vita.it 23/12/2024

Carceri, quando una cooperativa sociale vuol dire riscatto e dignità – VaticanNews.va 17/12/2024


Primo maggio 2024 - S. Giuseppe lavoratore. Il segreto per santificare il lavoro

I° maggio 2024

S. Giuseppe lavoratore

Il segreto per santificare

il lavoro

1° maggio. Un giorno che racchiude in sé diversi significati, anche se ha finito per prevalere, dal 1889 in poi, quello della Festa dei Lavoratori, nata in seno al Congresso di Parigi che inaugurò la Seconda Internazionale. Si volevano allora ricordare i sanguinosi fatti di tre anni prima a Chicago, quando i sindacati proclamarono lo sciopero per ottenere la riduzione della giornata lavorativa a otto ore. Non bisogna però dimenticare che il 1° maggio 1955 Pio XII istituì la Festa di San Giuseppe lavoratore, per dare al mondo del lavoro il suo patrono, il suo protettore davanti alle nuove problematiche e alle nuove sfide che la società del dopo guerra stava affrontando con il boom economico.

Per questo con alcuni colleghi e amici della Giotto abbiamo pensato ad una iniziativa da fare assieme il 1° Maggio Festa dei Lavoratori, portando nel cuore le motivazioni che portarono Papa Pio XII nel 1955 ad arricchire e valorizzare questa giornata di festa.

Un gesto semplice che ha visto la partecipazione di una cinquantina di persone: un pellegrinaggio a piedi dalla sede della Giotto con meta finale la Basilica di Sant’Antonio, dove partecipare alla Messa, a cui sono seguite una preghiera a san Giuseppe davanti alla sua Cappella e un’agile colazione insieme in uno dei chiostri della Basilica. Al ritorno in sede, sempre a piedi, un gruppetto ha completato la giornata di condivisione con un allegro pranzo al sacco.

 

Lettera d’invito

L’omelia di padre Alberto Tonello



Giardini Terapeutici per malati di Alzheimer - Vatican news 130224

La terapia del verde contro l’Alzheimer

Vatican News - 13 febbraio 2024

Il progetto dei Giardini Terapeutici del Centro Teresa di Calcutta a Padova è stato studiato, certificato e infine premiato. A contatto con querce, allori e rosmarino, i pazienti con demenza ritrovano ricordi, funzioni cognitive compromesse come il linguaggio, migliorano il tono dell’umore e soprattutto fanno minor uso di farmaci. Il direttore: “la natura è un grembo capace di accogliere, generare, curare”

Anticorpi monoclonali, molecole intelligenti in grado di ripulire il cervello dall’accumulo di Beta-Amiloide, farmaci in fase sperimentale messi a punto nei laboratori d’oltreoceano, onde transcraniche per risvegliare ricordi, training cognitivi supportati dalla realtà virtuale, la verità è che per l’Alzheimer, nonostante gli sforzi inarrestabili della ricerca, ancora non esiste una cura, se non quella che gli esperti chiamano di “contenimento” e rallentamento della malattia. E quando il declino cognitivo patologico entra in una casa, quando la demenza investe un nonno, una nonna, un genitore, una persona cara, l’unica cosa che vien voglia di fare, lungi dal seguire sfiancanti triage ospedalieri, è quella di fermare il tempo e smettere di lottarci. Accade qui, a Rubano in provincia di Padova, nei Giardini Terapeutici del Centro Casa Madre Teresa di Calcutta, dove il verde rigenera e cura, e la vita di pazienti e caregiver scorre in uno stato di ritrovata normalità.  Giovanni con le mani nei vasi accudisce i suoi semi e sa che una volta piantumati deve innaffiarli e si ricorda di controllarli ogni giorno, come si fa con un fratello, un amico, di cui si segue la salute. Anna cammina fino al grande ciliegio. D’improvviso alza la testa, respira profondamente, un guizzo negli occhi. Proprio sopra di lei uno scoiattolo saltella tra i rami. E un sorriso la illumina. Piero si aggira tra i cespugli in fiore, arriva al rosmarino, lo prende tra le mani, l’annusa, tuffa il viso tra i rametti, sembra felice, sereno. Rina da quando ha messo piede nel Giardino Terapeutico ha recuperato tutti i ricordi del suo giardino di casa, di quand’era giovane, è convinta di essere proprio lì, vuole occuparsene da sola. Perciò gli operatori le lasciano il suo spazio, senza la presenza di altri pazienti. Odori, colori, contatto con alberi, fiori, piante aromatiche è la terapia che si è dimostrata efficace per i malati di Alzheimer, premiata da Innovation Lab e, a livello internazionale, dall’Urban Innovation and Entrepreneurship di Sidney. Un progetto, quello di Padova, conosciuto come progetto Verbena (Verde e benessere Alzheimer) che dopo due anni di sperimentazione, ha benefici certificati dallo studio del Dipartimento di Psicologia dell’Università di Padova e dal Tesaf, ideato da Giotto Cooperativa Sociale e Opsa (Opera Provvidenza Sant’Antonio), Dipartimento di Psicologia Generale e Dipartimento di sistemi Agro-Forestali dell’Università di Padova. E poi due libri, “Curarsi del Verde” e “Salvarsi con il verde”, pubblicati con le linee guida e i risultati della sperimentazione.

Più memoria, meno ansia

“Dopo il Giubileo del 2000 – dice monsignor Roberto Ravazzolo, direttore dell’Opsa e del Centro Madre Teresa – la diocesi si è interrogata su quali fossero i bisogni emergenti e si è resa conto che non esistevano dei centri specifici e dedicati a queste persone affette da disturbi cognitivi e alle loro famiglie. La prima pietra della Casa Madre Teresa è stata posta proprio nel 2000, poi con l’impegno di tutti, e la visione profetica di don Roberto Bevilacqua dell’Opsa, che era medico, la struttura ha iniziato a funzionare nel 2006 e attualmente accoglie 34 persone in due centri residenziali e 50 in due centri diurni. Le attività sono tantissime, tutte supportate da medici, psicologi e operatori esperti, ma potremmo dire che i Giardini, inizialmente pensati per offrire solo dei momenti di svago e passeggiate, per essere mero elemento di decoro della Casa stessa, sono diventati la vera ratio di questo luogo”. Sì perché più tempo passano tra querce e allori, ulivi, aceri e magnolie, più i pazienti recuperano la memoria. Una specie di miracolo di fronte al quale, figli e coniugi non riescono a trattenere le lacrime. Ma non è tutto. I benefici sono molteplici: i pazienti si mostrano più autonomi, meno ansiosi e irrequieti, meno apatici e depressi, maggiormente propensi alla socialità capace di riattivare funzioni cognitive importanti come il linguaggio e il ragionamento, ma soprattutto, sostiene lo psicologo del Centro, il dottor Andrea Melendugno, si riducono in modo consistente i farmaci, una sfilza, utilizzati per questa patologia. A dirla tutta sembrerebbe che il verde ‘ragionato’ di questo luogo abbia quasi il potere di riparare neuroni danneggiati, di crearne di nuovi, proprio come i germogli della Primavera.

La realizzazione dei giardini

Tanti ettari, all’incirca 22, di cui i Giardini (tre in tutto) sono solo una piccola porzione, una specie di “hortus conclus”, per usare un’espressione biblica, eppure i pazienti non possono perdersi perché, anche se ampi e variegati, i percorsi sono circolari, tornano cioè sempre al punto di partenza. Tutto qui è studiato nei minimi dettagli non per “assecondare” la malattia, ma per curarla: le piante, la collocazione, la divisione degli spazi, la tipologia dell’orto. Le scelte sono curate dal garden designer internazionale Andrea Mati, specializzato in aree verdi per persone con fragilità. “La frontiera ultima è la cura del paziente – spiega ancora monsignor Ravazzolo – . Questa non è una RSA dove le persone affette da Alzheimer vengono ‘parcheggiate’ o solamente accudite. Basta pensare che prima di allestire il Giardino abbiamo individuato 480 ricerche sul tema, è stata fatta un’attenta ricognizione del luogo, una selezione accuratissima delle piante, perché ogni pianta, ogni albero deve avere una determinata forma, un preciso sviluppo, persino la proiezione dell’ombra degli alberi è stata studiata ad hoc. Per i malati di Alzheimer infatti l’ombra è spaventosa, non fa altro che peggiorare l’inspiegabile sensazione di ‘buco nero’ che vivono nella propria mente e che alimenta ansia e depressione”.

Sostenibilità, riconoscibilità, biodiversità

Attualmente ci sono 138 differenti specie vegetali e sono tutte del territorio. Non si può infatti costruire un giardino con piante che vivono in un’altra regione, bisogna tenere in considerazione il clima, l’esposizione al sole, l’umidità e la composizione del terreno. Inoltre se un malato ha a che fare con un elemento vegetale proprio del territorio, vive uno stato di maggiore sicurezza, conosce e riconosce quell’elemento e può persino arrivare a recuperare ricordi d’infanzia. Quindi il ficus, l’olmo, il corbezzolo, l’acero, ciliegi e melograni che riempiono giardini e campagne del Veneto, creano un ambiente riconoscibile e familiare in chi ha perso i ricordi. Così anche timo, salvia, alloro, rosmarino sono richiami cognitivi importanti. La selezione delle piante è fondamentale per la memoria. “Dopo una prima fase di ricognizione – prosegue il direttore – si è passati a quella di sperimentazione con due ricerche sul campo, una per i residenti e una per gli ospiti del centro diurno. In tutto sono stati coinvolti 45 ospiti in maniera attiva, includendo praticamente tutti gli stadi della malattia, dallo stadio più lieve a quello moderato al più grave. Sono state coinvolte equipe multidisciplinari e anche un gruppo di familiari per individuare insieme i criteri di rimpianto e azione, ne sono seguite pubblicazioni dei risultati su riviste scientifiche internazionali, una monografia del progetto che ora è un manuale di uso per chi sta cercando di fare quello che abbiamo fatto noi e in particolare grandi passi avanti nella cura”. Dietro la scelta delle piante, rigorosamente autoctone, si celano altri due motivi oltre alla riconoscibilità da parte degli ospiti. Ovvero la sostenibilità e il recupero della biodiversità che l’azione demolitrice dell’uomo sta facendo scomparire. “Il tema della sostenibilità è molto importante, piantare un giardino vuol dire anche garantire la manutenzione e questo ha dei costi. Il giardino per essere efficace deve essere ben manutenuto. Dalla biodiversità inoltre arrivano anche gli stimoli più idonei per i malati, oltre ovviamente a nutrire l’ambiente”, avverte il dottor Melendugno.

Fruizione libera e autonoma

Da allora la sperimentazione non si è mai fermata, il verde è cresciuto, i Giardini Terapeutici si sono riempiti di alberi, i pazienti hanno iniziato a vivere tra la natura, a stare sempre meglio. E i risultati sono arrivati. “All’inizio – sottolinea Nicola Boscoletto, presidente della Cooperativa Giotto che ha seguito e tutt’ora si occupa della realizzazione dei Giardini – gli studi erano pionieristici, è stata una grande sfida. Ma sempre di più negli ultimi anni, anche grazie al nostro progetto, c’è stata la conferma che l’interazione di persone con Alzheimer e altri tipi di demenza con parchi e giardini opportunamente realizzati, favorisce la rigenerazione delle risorse cognitive”. Nei Giardini i malati possono passeggiare in qualsiasi momento, senza orari, anche di notte per chi soffre d’insonnia, da soli, in autonomia, o con gli operatori: una fruizione totalmente libera. Sotto i calicanto e tra i corbezzoli incontrano amici e parenti, stanno seduti all’aperto, coltivano l’orto e i fiori. Oppure ci sono proposte organizzate: la musicoterapia, il giardinaggio, attività sensoriali. Anche in carrozzina ci si può occupare del giardino e dell’orto, grazie a spazi sopraelevati, ad altezza di persona seduta.

La natura è un grembo che accoglie e genera

“Pensando a questi Giardini – aggiunge don Roberto – ho l’immagine della natura come di un grembo che accoglie e genera vita e non posso non pensare a ciò che ci dice Papa Francesco nell’enciclica Laudato si’. L’uomo è esso stesso parte della natura. Noi a volte pensiamo la natura come qualcosa di estraneo rispetto all’uomo, di cui l’uomo è spettatore, ma non dimentichiamo che ognuno di noi è parte di questo amore creativo di Dio che dà vita a tutte le cose. E quindi nel testo del Pontefice, veramente noi abbiamo trovato il ‘La’ teologale che consente di cogliere questa connessione e di spiegare oltre gli approfondimenti psicologici, botanici, terapeutici, in una prospettiva teologica, il perché di questo. Attraverso la natura riusciamo a prenderci cura di malati troppo spesso dimenticati o affidati solo alle amorevoli ma sfiancanti cure dei familiari. Qui al Centro Madre Teresa vediamo realizzarsi quel connubio vincente tra uomo e ambiente di cui parla il Santo Padre, fino ad avere l’evidenza di una cura”. “Cura, fragilità e comunità, rimarca il dottor Melendugno, sono le tre parole chiave che emergono dal nostro progetto e che attingono direttamente all’enciclica di Papa Francesco. E quando parliamo di comunità non facciamo riferimento solo alla comunità di persone, ma anche a quella delle piante. Le piante che si trovano nei Giardini Terapeutici devono poter coesistere tra di loro e garantire ai nostri ospiti un ambiente favorevole, capace di dialogare e interagire con loro, per curare e apportare benefici”.

Meno assistenzialismo, più sostenibilità

Insomma, il Giardino Terapeutico è davvero un presidio sanitario a tutti gli effetti. Ne hanno beneficio gli ospiti, ma anche il personale che lavora nella struttura, e, cosa non da poco i familiari. La svolta che può operare è una politica di scelte meno assistenzialistiche, ma sostenibili e generative. L’obiettivo è il benessere della persona, fare stare meglio sia i malati che le famiglie. E sono proprio le famiglie a dare riscontri positivi, ripetendo che vedono i loro cari sereni come non lo erano da tempo. Il risultato finale del progetto Verbena sono le linee guida certificate per allestire e utilizzare i giardini terapeutici nelle strutture per anziani: “Padova – conclude don Roberto Ravazzolo – vuole essere apripista, esempio per un cambiamento concreto della qualità di vita nelle Rsa”.

Cecilia Seppia


Il servizio civile universale anche Giotto Cooperativa Sociale!

Il servizio civile universale anche in Giotto Cooperativa Sociale!

Rivolto a psicologhe e psicologi che desiderano fare l’esperienza di servizio civile universale!
Anche Giotto Cooperativa Sociale partecipa al programma ospitando due volontari.
I riferimenti per candidarsi, nella locandina


Giardini Terapeutici per malati di Alzheimer - Buone Notizie 14/11/23

I Giardini terapeutici

tra querce, allori e rosmarino

il contrasto green all’Alzheimer

Buone Notizie - 14 novembre 2023

Da Padova il progetto del Centro Teresa di Calcutta è stato studiato, certificato e premiato. Minor uso di farmaci, ricordi che tornano, pazienti (e familiari) più sereni

Anna cammina fino al grande ciliegio. D’improvviso alza la testa, respira profondamente, un guizzo negli occhi. Proprio sopra di lei uno scoiattolo saltella tra i rami. E un sorriso la illumina. Piero si aggira tra i cespugli in fiore, arriva al rosmarino, lo prende tra le mani, l’annusa, tuffa il viso tra i rametti, sembra felice.

Una mattinata come tante nei Giardini Terapeutici del Centro Casa Madre Teresa di Calcutta a Rubano (Padova), dove il verde cura. Un benessere che cambia e migliora la qualità della vita alle persone con Alzheimer, demenza senile, disturbi cognitivi, riduce l’utilizzo di farmaci, tranquillizza, evoca ricordi che sembravano sepolti, fa sentire bene insomma.

Odori, colori, contatto con alberi, fiori, piante aromatiche è la terapia che si è dimostrata efficace su pazienti e caregiver, premiata da Innovation Lab e a livello internazionale dall’Urban Innovation and Entrepreneurship di Sidney. Un progetto, quello di Padova, che dopo due anni di sperimentazione, ha benefici certificati dallo studio del Dipartimento di Psicologia dell’Università di Padova e dal Tesaf, con Giotto Cooperativa Sociale. E due libri, «Curarsi del Verde» e «Salvarsi con il verde», pubblicati con le linee guida e i risultati della sperimentazione.

Tanti ettari di verde, alberi, fiori, piante, orti, tutto in sicurezza tra querce, ulivi, aceri, magnolie: i pazienti non possono perdersi perché, anche se ampi, i percorsi sono circolari, tornano sempre al punto di partenza.

I giardini terapeutici di Padova nascono dal progetto Verbena (Verde e benessere Alzheimer), ideato e realizzato da Cooperativa Sociale Giotto con Opsa (Opera Provvidenza Sant’Antonio), Dipartimento di Psicologia Generale e Dipartimento di sistemi Agro-Forestali dell’Università di Padova. Nel 2005 la scintilla che ha portato ad avviare a CasaMadre Teresa di Calcutta a Rubano i primi percorsi nel verde, grazie anche alla sensibilità di don Roberto Bevilacqua dell’Opsa, che era medico.

Da allora la sperimentazione non si è mai fermata, il verde è cresciuto, i giardini terapeutici si sono riempiti di alberi, i pazienti hanno iniziato a vivere tra la natura, a stare sempre meglio. E i risultati sono arrivati

Oggi la terapia del verde continua con don Roberto Ravazzolo, direttore dell’Opsa e con la Cooperativa Sociale Giotto. «All’inizio – sottolinea Nicola Boscoletto, presidente della Cooperativa Giotto – gli studi erano pionieristici, è stata una grande sfida. Ma sempre di più negli ultimi anni, anche grazie al nostro progetto, c’è stata la conferma che l’interazione di persone con Alzheimer e altri tipi di demenza con parchi e giardini opportunamente realizzati, favorisce la rigenerazione delle risorse cognitive».

Nulla è lasciato al caso: le piante, la collocazione, la divisione degli spazi, la tipologia dell’orto. Le scelte sono curate dal garden designer internazionale Andrea Mati, specializzato in aree verdi per persone con fragilità. Ad esempio, non possono esserci alberi con ombre troppo estese, perché il nero, le macchie scure, sono percepiti dalle persone con Alzheimer come voragini e spaventano. «Perdere il passato, non riconoscere i parenti, getta i malati nello sconforto, nella paura e nella depressione. La natura li accoglie e rasserena».

Nei Giardini i malati possono passeggiare in qualsiasi momento, senza orari, anche di notte per chi è insonne, da soli, in autonomia, o con gli operatori: una fruizione totalmente libera. Sotto i calicanto e tra i corbezzoli incontrano amici e parenti, stanno seduti all’aperto o passeggiano, coltivano l’orto e i fiori. Oppure ci sono proposte organizzate: la musicoterapia, il giardinaggio, attività sensoriali. Anche in carrozzina ci si può occupare del giardino e dell’orto, grazie a spazi sopraelevati, ad altezza di persona seduta.

Rina da quando ha messo piede nel Giardino Terapeutico ha recuperato tutti i ricordi del suo giardino di casa, di quand’era giovane, è convinta di essere proprio lì, vuole occuparsene da sola. Perciò gli operatori le lasciano il suo spazio, senza la presenza di altri pazienti. E ha ritrovato benessere e voglia di vivere.

«Ogni specie scelta per i Giardini Terapeutici – spiega Andrea Basso, vicepresidente della Cooperativa Giotto – è strettamente legata al territorio, in modo da evocare nelle persone con Alzheimer ricordi sulla vita passata. Quindi il ficus, l’olmo, il corbezzolo, l’acero, ciliegi e melograni che riempiono giardini e campagne del Veneto, creano un ambiente riconoscibile e familiare in chi ha perso i ricordi. Così anche timo, salvia, alloro, rosmarino sono richiami cognitivi importati. Tra quarant’anni cambierà la tipologia del verde, perché i giovani di oggi hanno più familiarità con altre piante».

E ancora: maneggiare la terra, innaffiare, lavorare nell’orto rilassa le persone con demenza e disturbi del comportamento, valorizza le competenze che ancora restano, migliora la vita quotidiana.

Boscoletto ribadisce: «ll Giardino Terapeutico è un presidio sanitario a tutti gli effetti. Ne hanno beneficio gli ospiti, ma anche il personale che lavora nella struttura, i familiari. Porta a risparmiare sui farmaci, la svolta è una politica di scelte meno assistenzialistiche, ma sostenibili e generative. L’obiettivo è il benessere della persona, fare stare meglio sia i malati che le famiglie. E sono proprio le famiglie a darci riscontri positivi, ci ripetono che vedono i loro cari sereni come non lo erano da tempo».

Il risultato finale del progetto Verbena sono le linee guida certificate per allestire e utilizzare i giardini terapeutici nelle strutture per anziani: «Padova vuole essere apripista, esempio per un cambiamento concreto della qualità di vita nelle Rsa».

Francesca Visentin


Giardini Terapeutici per malati di Alzheimer - TG 2 Medicina 33 23/10/23

I Giardini terapeutici per i malati

di Alzheimer a Casa Madre Teresa

TG2 Medicina 33 - 23 ottobre 2023

Il progetto Verbena, nato dalla sinergia tra Giotto cooperativa sociale, Università di Padova (Dipartimento di Psicologia generale e Dipartimento Agro-forestale) e Centro Servizi Casa Madre Teresa di Calcutta di OPSA, ha indagato in due anni di sperimentazione i contenuti di cura dei Giardini Terapeutici per i malati di Alzheimer, in particolare i criteri per la progettazione. Verbena ha messo in luce che i GT producono benefici significativi: i pazienti tendono a ricordare di più il passato, a riconoscere di più le persone, ma anche a essere meno ansiosi, meno depressi e meno agitati e con meno di farmaci.


Inaugurazione sede di Alcamo - Scene da una festa

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